Al tavolo verde di poker, nella stragrande maggioranza dei casi vince chi ha più soldi da mettere in gioco. Se il Paese fosse un gioco d’azzardo, allora è chiaro che vincerebbe il nord a mani basse, ma l’Italia non è un gioco e c’è davvero poco da giocare sul futuro, sulla pelle dei cittadini meridionali. La marcia su Roma organizzata dal Presidente della Regione Campania, a bocce ferme, provoca due stati d’animo opposti: quello di fierezza, per un popolo che finalmente alza la voce al cospetto della solita, annosa politica del chi figlio e chi figliastro, ma anche un senso di amarezza per via dei soliti corsivi – naturalmente in prima pagina, naturalmente pubblicati da quotidiani nordisti e schierati – che hanno cercato di ridurre un cartello di domande, lecite, da rivolgere al Governo su un’Autonomia Differenziata che spacca l’Italia in due e sul blocco dei fondi di Sviluppo e Coesione da destinare al Meridione in un insulto. Hanno sbattuto il mostro, cioè quello che per loro era il mostro, in prima pagina: De Luca ha insultato la Premier Meloni. La solita tattica vecchia come il cucco, quella di spostare l’attenzione popolare per coprire il problema, per sviare il dibattito. La verità è che chi ha fatto questo, ha insultato il Sud e, siccome fino a prova contraria, il mezzogiorno è parte integrante del Paese, ha insultato l’Italia.
L’insulto di De Luca, l’ultima trovata nordista
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