Eugenio Siniscalchi si è detto innocente, ma ha rifiutato di sottoporsi ad interrogatorio davanti al gip Marilena Albarano. D’altronde, la Procura e la Squadra Mobile di Salerno ritengono di avere elementi schiaccianti a suo carico ma anche sul fratello Gennaro, all’epoca dell’omicidio D’Onofrio ancora minorenne. Ad incastrali, com’è noto, non solo le riprese di alcuni sistemi di videosorveglianza ma pure le celle telefoniche agganciate dai loro cellulari da San Mango e Salerno e ritorno, che coincidono con la presenza vicino al telefonino della vittima. Ciro D’Onofrio era finito nel mirino per rancori personali e forse per un forte debito di droga. E non era il solo. I comportamenti minacciosi e violenti di Eugenio Siniscalchi iniziavano a dare fastidio a molti. Tra questi, anche personaggi del crimine locale che mal tolleravano la baldanza dell’astro nascente della droga. Ciro Persico, ad esempio, viene più volte intercettato mentre parla di Siniscalchi con altre persone, mostrando preoccupazione per l’atteggiamento di quel giovane che rischiava di attirare troppa attenzione. Un po’ come faceva lo stesso padre di Siniscalchi, Gaetano, provando a placare le ire del figlio ma ricevendone- per risposta- l’intimazione a sparare per “educare” i pusher recalcitranti, perché picchiarli soltanto non bastava. In queste ore Polizia e Procura indagano in maniera serrata sui presunti spari all’indirizzo dell’auto su cui viaggiavano, martedì pomeriggio a Matierno, i familiari di Siniscalchi. Finora non è stato trovato nessun riscontro oggettivo. I dubbi restano, ma prima di avvalorare il depistaggio occorre escludere che qualcuno abbia potuto intimidire i Siniscalchi alla vigilia dell’interrogatorio di Eugenio. Luce va fatta anche sull’esatto movente del delitto D’Onofrio.
Omicidio D’Onofrio, il mistero degli spari (presunti) contro l’auto dei Siniscalchi
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