Riciclaggio, evasione fiscale e false attestazioni: scacco al sistema Attanasio-Bisogni

Redazione

In carcere finisce Giovanni Attanasio, leader di Lavoro.doc ma di fatto guida di una galassia di almeno trenta aziende con 1500 dipendenti, ramificazioni in Italia e all’estero ed un fatturato di 100milioni nell’ultimo anno. Ma la Guardia di Finanza e la Direzione Distrettuale Antimafia, indagando su evasione fiscale e riciclaggio, scoprono anche un giro di false attestazioni all’autorità giudiziaria e false assunzioni.

Per questo, in galera ci va anche Enrico Bisogni, al vertice dell’organigramma del cosiddetto sistema Attanasio-Bisogni. Un gruppo capace di estendere gli interessi nella logistica, nell’edilizia e nel campo delle agenzie interinali non solo nel salernitano ma pure nelle province di Ancona, Avellino, Bari, Catania, Napoli, Prato, Parma, Trapani, Varese e Vicenza. All’estero in Danimarca ed Estonia.

Ai domiciliari, invece, finisce un collaboratore di Attanasio, Sergio La Rocca. I finanzieri sequestrano pure beni per quasi 300mila euro. Tra questi, alcuni quadri d’autore, denaro contante e in assegni, anelli e gioielli di valore.

In una borsa di Attanasio, poi, c’era la piramide del suo gruppo, anche se molte società giuridicamente appartenevano a prestanome. L’ipotesi è che servissero a riciclare ed autoriciclare denaro, con una sistematica evasione fiscale.

Il controllo era assicurato da Bisogni, già indagato come successore del clan Pecoraro Renna nelle operazioni Perseo ed Omnia. Lui faceva assumere pregiudicati e sodali fittiziamente allo scopo di fargli ottenere benefici tramite attestazioni fasulle all’autorità giudiziaria.

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