Molti i particolari inquietanti che emergono dalle indagini sul gruppo Attanasio
Le indagini che hanno portato all’arresto di Giovanni Attanasio, Enrico Bisogni e Sergio La Rocca abbracciano un intero quadriennio. Tutto inizia da accertamenti su un’evasione fiscale milionaria messa in piedi dalle società che fanno capo ad Attanasio. Non solo la Lavoro.doc di Pontecagnano, ma un vero e proprio sistema composto da almeno trenta sodalizi. 1500 i dipendenti sparsi in Italia e all’estero, con fatturati da capogiro. Ieri mattina, durante la perquisizione seguita all’arresto, i finanzieri hanno trovato nella borsa di Attanasio un foglio con l’intera composizione della rete di società a lui riconducibili, oltre a diecimila euro tra assegni e contanti ed otto anelli del valore di almeno 1500 euro ciascuno.
A mettere gli investigatori sulla buona strada, anche le dichiarazioni di alcuni pentiti che ben conoscono le dinamiche del clan Pecoraro-Renna
Un tesoretto che però è nulla rispetto alle fortune di Attanasio. Fortune che, secondo alcuni pentiti, nascono dal riciclaggio dei soldi sporchi del clan Pecoraro-Renna, di cui l’imprenditore di Pontecagnano era diventato la faccia pulita col vestito buono. Determinante per l’ascesa delle aziende di Attanasio è stato il ruolo di Enrico Bisogni, figura di spicco del crimine locale, capace di zittire le proteste nelle imprese del sud come del nord con spedizioni punitive, di imporre assunzioni di sodali e false attestazioni a loro favore per benefici in sede di esecuzione di pena. Il legame tra Bisogni ed Attanasio è documentato dalle intercettazioni. Alcuni stralci ve li abbiamo fatti ascoltare ieri. L’assunzione (nel 2012) ni nella Sva, società di antinfortunistica del gruppo Attanasio, è il punto di svolta.
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