Quello di Luigi Ridosso non è un pentimento, ma certo è una piena ammissione di colpa sulle estorsioni, le minacce la corruzione elettorale messa in piedi negli ultimi anni a Scafati e dintorni insieme ad Alfonso Loreto. Lo stesso Alfonso Loreto di cui Luigi Ridosso sostiene di essere succube, o quantomeno di subirne il forte ascendente. Da ieri Ridosso jr. è detenuto ai domiciliari presso una località del Nord Italia, comunque lontano non solo dalla sua Scafati ma dall’intera Regione Campania, dove ha legami ancora forti, di quelli che contano nel panorama criminale, finanche nell’hinterland vesuviano. La sua scarcerazione, dopo la condanna ad oltre cinque anni di reclusione, è stata decisa dai giudici su istanza del suo avvocato, Michele Sarno. A pesare, nella concessione dei domiciliari, proprio quella lettera con cui – davanti al gup del Tribunale di Salerno – Luigi Ridosso ha ammesso tutte le sue responsabilità, mostrando segni di ravvedimento, confermando i rapporti con Alfonso Loreto (oggi collaboratore di giustizia) e avallando, in un certo senso, le tesi dell’antimafia sulla fitta trama di relazioni con la politica locale, ai tempi delle giunte di Pasquale Aliberti. In cosa si fossero concretizzate queste relazioni, però, lo dovranno scrivere le sentenze dei processi nati dall’operazione Sarastra sul condizionamento delle elezioni comunali a Scafati nel 2013 e delle elezioni regionali nel 2015 in cui fu sostenuta la moglie di Aliberti, Monica Paolino. La scarcerazione di Luigi Ridosso segue di pochi giorni quella del cugino Gennaro, secondo un filo rosso che sembra legare entrambi.
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