Studioso di Hegel, allievo di Biagio De Giovanni, “enfant prodige” dell’Accademia, si ritrovò al centro di una vicenda giudiziaria legata agli appalti per la mensa, da cui fu completamente prosciolto solo dopo 16 anni
Commozione, dolore e rammarico.
Tangibili nella chiesa dei Salesiani dove questa mattina alle 10.30 si sono celebrati i funerali di Roberto Racinaro, già rettore dell’Università di Salerno, professore e maestro di più generazioni d’innamorati della filosofia.
Ieri, il cuore dello studioso di Hegel – allievo di Biagio De Giovanni – si è fermato.
Lasciando un grande vuoto nel panorama accademico e intellettuale salernitano e non solo.
Nato a Reggio Calabria nel 1948, laureatosi a Messina, in qualità di vincitore di una borsa di studio all’Istituto italiano per gli studi storici Benedetto Croce di Napoli, si trasferì in Campania.
La cattedra a Salerno arrivò a 32 anni.
Presso l’ateneo di Fisciano, Racinaro ha insegnato Filosofia teoretica, Storia della filosofia e, negli ultimi anni, anche Filosofia politica.
Del resto, la politica è stata la sua passione fin da quando, giovanissimo, militava nel Partito comunista.
Al punto che eletto appena 42enne alla guida dell’ateneo, si attirò l’appellativo di «rettore rosso».
Ricopriva quel ruolo quando, nel giugno del 1995, si ritrovò al centro di una vicenda giudiziaria legata agli appalti per la mensa.
Capi d’accusa durissimi che lo costrinsero a 21 giorni di cella nel carcere di Bellizzi Irpino, prima che il Riesame dichiarasse la carcerazione «illegittima ».
Rieletto rettore mentre si trovava in cella, si dimise per tutelare la sua università.
Solo 16 anni dopo – settembre 2011 – riuscì a dimostrare la sua totale innocenza e ottenere così giustizia.
Una vicenda, che lo segnò profondamente, sia nella salute che nel pensiero e a cui dedicò un pamphlet: “La giustizia virtuosa. Manualetto del detenuto dilettante” che forniva un contributo all’analisi dell’uso incauto della custodia cautelare.
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