Il presidente della comunità senegalese e quei toni troppo alti

Redazione

Daouda Niang fa bene a rivendicare la dignità della gente che rappresenta, della civilissima comunità senegalese. Ma sbaglia i toni, a nostro giudizio ed i modi, che travalicano la protesta misurata e poco contribuiscono al dialogo. Dovrebbe, Daouda Niang, ispirarsi al suo predecessore Amadou, che dell’ascolto aveva fatto la regola prima ancora di parlare. E quando lo faceva, Amadou non usava mai una frase che fosse fuori posto. Il protagonismo non fa mai bene a nessuno, ma il rischio è che pur legittime rivendicazioni si prestino a troppo facili strumentalizzazioni e polemiche e assumano colorazioni politiche. Quando Daouda scrive che il lungomare non è una zona di guerra ha ragione, ma quando nega i problemi di sicurezza forse sbaglia. Perché il tema dell’abusivismo e dello spaccio esiste ed è un argomento senza etnia, religione o nazionalità. Chi trasgredisce le regole va punito e basta. E poi, tralasciando le considerazioni su ciò che si vende, per la povera gente per evitare che Salerno sia solo una città per ricchi, il presidente della comunità senegalese farebbe bene a spiegare cosa intende dire quando scrive- in una lettera ai salernitani- che «i senegalesi non sono dei venduti» e «non votano per scambi di favori». Toni eccessivi, ci permettiamo di dire, che non favoriscono il dialogo sulle questioni reali: la sicurezza, l’integrazione, il posizionamento dei mercati ed il vivere civile in genere. In tutta questa storia sarebbe meglio mettere il classico punto e a capo.

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