Non riescono più a coprire i costi di produzione per il balzo dei beni energetici che si trasferisce a valanga sui bilanci delle loro aziende e vogliono far sentire la loro voce. Se il caro petrolio spinto dall'invasione dell'Ucraina costringe le barche a rimanere in banchina e a fermare i trattori, le ritorsioni della Russia colpiscono i mezzi di produzione, a partire dai concimi, obbligando i coltivatori a tagliare i raccolti mentre sanzioni ed embarghi bloccano i commerci, sconvolgono i mercati (il paese garantiva il 20% delle importazioni italiane di mais) e favoriscono le speculazioni. Contro la guerra che affossa anche l'economia sono già migliaia gli allevatori, gli agricoltori e i pescatori della Coldiretti in piazza da Nord a Sud del Paese. Non solo mangimi e grani, sono in pericolo: secondo un analisi di Coldiretti Impresapesca, con il caro petrolio spinto dall'invasione dell'Ucraina, il prezzo medio del gasolio per la pesca è praticamente raddoppiato (+90%) rispetto allo scorso anno, costringendo i pescherecci italiani a navigare in perdita o a tagliare le uscite. Tuo questo andando a favorire le importazioni di pesce straniero. Un danno per un settore che conta 12 mila imprese e 28 mila lavoratori, con un vasto indotto collegato. E i numeri parlano chiaro: nei primi undici mesi del 2021 le importazioni sono aumentate del 25% in valore, il ché va ad impattare sulle scelte a tavola degli italiani che mangiano circa 28 chili di pesce all'anno, sopra la media europea ma lontano dai quasi 60 chili del Portogallo.
Contro la guerra che affossa anche l'economia
Allevatori, agricoltori e pescatori della Coldiretti in piazza da Nord a Sud del Paese
Dall'Ucraina il 20% delle importazioni italiane di mais. Il prezzo del gasolio alle stelle favorisce i prodotti esteri
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