In Campania su oltre 16mila ordinanze di demolizione ne è stato eseguito solo il 3%. Ancora più bassa la percentuale degli immobili acquisiti al patrimonio comunale: 2%. A fare da contraltare, è il boom di richieste di condono: sono oltre 362mila per le tre sanatorie in corso. Senza contare che su 107 Comuni sciolti per mafie, due terzi hanno tra le motivazioni affari legati al ciclo illegale del cemento. Va da sé che, secondo i dati presentati da Legambiente, in Campania l’intreccio tra illegalità e politica è un impasto di cemento. Licenze edilizie fantasma, ordinanze di demolizioni non eseguite, richieste di sanatorie mai vagliate. Betoniere che lavorano sette giorni su sette. Case abusive tollerate e mai abbattute, magari in una zona di pregio, in un’area protetta o lungo la costa. Non solo non si demolisce, ma neppure si acquisisce al patrimonio pubblico: così le case restano nella disponibilità degli abusivi che ne godono senza alcun titolo e senza oneri, nell’indifferenza più totale. Una prassi consolidata, purtroppo, che però si scontra con l’applicazione della legge. Disarmante è la circostanza che ben 474 Comuni non hanno risposto all’indagine di Legambiente o hanno negato le informazioni richieste. Un dato in linea con il primato della Campania, che si conferma la Regione più esposta al fenomeno, con una quota di oltre 50 immobili fuorilegge ogni cento. Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania, ricorda la «proposta al Parlamento per affidare allo Stato e ai prefetti la competenza sulle demolizioni degli abusi edilizi, oggi in mano ai Comuni troppo spesso vittime del ricatto elettorale».
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