La commissione Ambiente dell’Anci fa appello al governo e al Ministero dell’Ambiente, per scongiurare un’iniziativa che, se confermata, potrebbe portare all’aumento delle tariffe sui rifiuti in tutti i Comuni dal 20 al 60%, con ricadute molto pesanti sui bilanci delle famiglie. Dopo il rischio, già sventato, di un aumento delle tariffe sui rifiuti a causa dell’adozione di indicatori errati da parte dei gestori degli impianti di smaltimento, l’Anci ha scovato un decreto allo studio del Ministero dell’Ambiente sula definizione dei criteri per assimilare i rifiuti speciali ai rifiuti urbani. Si tratta, nella pratica, di stabilire quando i rifiuti prodotti da industrie e attività commerciali possano rientrare nel ciclo di raccolta e smaltimento gestito dai Comuni e finanziato dalla Tari, la tassa sulla spazzatura. Ebbene – prosegue l’Associazione dei Comuni – giungono indiscrezioni per cui il decreto potrebbe considerare esclusivamente criteri ‘quantitativi’, relativi all’ampiezza e alla tipologia delle attività industriali o commerciali che li producono, senza prendere invece in considerazione i criteri qualitativi, ovvero le caratteristiche del rifiuto prodotto. In particolare, verrebbe prevista l’esclusione dal perimetro della gestione dei rifiuti urbani per le attività che occupano più di 300 metri quadrati nei Comuni con meno di 10 mila abitanti e più di 500 metri quadrati nei Comuni con più di 10 mila abitanti. Si tratta non solo di limiti quantitativi molto modesti, che escluderebbero quasi tutte le grandi attività commerciali dalla gestione da parte dei Comuni, ma anche di un repentino cambio di rotta, potenzialmente devastante, rispetto ai benefici prodotti dai criteri vigenti, ovvero: legalità, anti-riciclaggio, tutela ambientale, sicurezza igienico-sanitaria, tracciabilità dei flussi di rifiuti assimilati, semplificazione degli adempimenti per le utenze assimilate, sviluppo industriale del settore.
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