Ladra di vite umane e di serenità, la pandemia ci ha rubato anche il senso della festa che, come mirabilmente svelò il Leopardi, è l'attesa della festa stessa. Il sabato del villaggio salernitano, campano, italiano è desolato e desolante. Un vuoto colmato dal leggero ticchettìo della pioggerellina, uno dei pochi segnali di vita normale in un giorno, il 24 dicembre, che è sempre stato un giorno speciale, da mangiare, divorare in fretta prima del cenone, tra amici e conoscenti da beccare in giro tra corso e lungomare, per abbracciarsi, farsi gli auguri, scambiarsi pacchetti di ogni dimensione e regali di ogni genere. Un giorno speciale da bere tutto d'un fiato, nei brindisi di gruppo davanti ai bar, prima di tornare a casa un po' alticci ma felici. I salernitani hanno sempre avuto i loro intoccabili riti da rispettare, alla vigilia di Natale, da qualche anno in qua hanno sempre avuto anche un'Hyde Park dove urlare "auguri" al mondo intero, i gradoni della spiaggia di S.Teresa, dove darsi appuntamento per quella che prima era una grande, unica comitiva che oggi si chiamerebbe "assembramento".
Questa vigilia di Natale è senza audio: manca il vociare della gente, manca il cin-cin dei bicchieri, manca qualche botto di Capodanno sparato in anticipo e l'urlaccio di disappunto degli anziani che giocano a carte dinanzi al chiosco. Questa vigilia di Natale è senza gente, senza struscio, senza la consueta disperata corsa nei negozi per comprare gli ultimi regalini. Ma questa vigilia di Natale, che sembra priva di tutto, non è affatto priva di senso. Se la vigilia è speranza e attesa, il Natale è la festa e il Natale arriverà. Così come arriveranno tempi migliori per tutti noi. Nell'attesa, speriamo. I giorni degli assembramenti, anzi, delle allegre comitive torneranno.