Le schede telefoniche acquistate da Moggi in Svizzera e consegnate a designatori e arbitri per conversazioni riservate nell’imminenza degli incontri di calcio, Quelle sim «segrete» rappresentano uno degli elementi cardine delle accuse formulate nei confronti degli imputati del processo «calciopoli». Una vicenda in cui emerge che i direttori di gara pensavano soprattutto a fare carriera mettendo da parte i principi dell’etica sportiva. È quanto, in sintesi, ha ribadito il pm di Napoli Filippo Beatrice che insieme con il pm Giuseppe Narducci sta svolgendo la requisitoria al processo, davanti al gup Eduardo De Gregorio, a carico di 11 imputati che hanno scelto di essere giudicati con rito abbreviato. Beatrice ha illustrato i risultati della complessa attività di indagine sulle 29 schede (su 39 complessive) che hanno consentito, attraverso l’esame di celle e tabulati, di scoprire i contatti avuti da arbitri e designatori con l’ex dg della Juve Luciano Moggi e con Mariano Fabiani, ex dirigente del Messina ritenuto molto legato a Moggi. Sia Moggi che Fabiani sono imputati nel processo con rito ordinario che riprenderà il 24 marzo davanti alla nona sezione del tribunale, ma i riferimenti, soprattutto all’ex dg della Juve, sono ritenuti importanti per definire il coinvolgimento degli imputati del processo abbreviato, tra i quali l’ex amministratore delegato della Juve Antonio Giraudo, la cui posizione – ha spiegato il pm – è strettamente connessa a quella di Moggi. Beatrice ha parlato di «materiale probatorio imponente» e ha sottolineato che esistono molti elementi che dimostrano «la sussistenza di un delitto associativo: il reato dell’art. 416 non viene qui utlizzato a casaccio».
Calciopoli, Beatrice parla di Fabiani
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