Difficile mestiere, quello dell’allenatore. Serve intuito, arguzia tattica da condottiero, coraggio ma anche l’umiltà per poter chiedere, ogni tanto, anche scusa. Su Gianluca Grassadonia ci siamo pronunciati più volte e ribadiamo quei concetti: ha tutte le carte in regola per diventare un ottimo tecnico, ma – vista la giovane età – ha tempo e modo per limare qualche limite caratteriale che alla fine rischia di penalizzare anche la squadra. Il punto è che lui si mostra insofferente alle critiche, eppure ci sono critiche e critiche. Ci sono quelle che sono picconate buttate lì a distruggere il giocattolo (che non appartengono al nostro modo di fare) e quelle costruttive. Ebbene, le nostre non possono che essere costruttive, visto che dopo aver chiesto con forza l’impiego di Merino da titolare ora chiediamo al mister di far giocare Dionisi, ben più prolifico, reattivo e motivato rispetto agli sbiaditi Fava e Caputo. Del resto, noi non abbiamo fatto altro e non facciamo altro che dare voce alla volontà popolare, perché tutti i tifosi la pensavano e la pensano così. Ma, chissà perché, il mister tali appunti li legge o li interpreta in negativo e allora giù monologhi presso comodi salotti, e giù minacce di dimissioni. Non si dimetta, mister Grassadonia, perché per il difficile mestiere di allenatore ci vogliono anche gli attributi. Se crede ancora nella salvezza della squadra, lo dimostri restando lì dov’è, al comando, ma soprattutto mettendo da parte gli esperimenti. Quelli, soprattutto in questo momento, non servono: meglio mandare in campo gli undici giocatori migliori, perché il calcio – in fondo – è molto più semplice di quanto lo si dipinga.
Ci sono critiche e critiche
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