Le discoteche possono riaprire. Forse. Il Cts ha dato il via libera ma le condizioni stabilite non convincono i gestori, infuriati. Il Comitato Tecnico Scientifico ha suggerito di riaprire al 35% di capienza massima del locale al chiuso, all'aperto, invece, la percentuale si alza al 50%, con Green pass e senza obbligo di mascherina. Troppo poco per i gestori, che non esultano, anzi. «Le condizioni poste dal Cts per la riapertura delle discoteche — spiegano dalla Siae in una nota — la rendono di fatto impossibile e suonano surreali le dichiarazioni entusiaste sul "primo passo", dato che nella sostanza non c'è nessun passo: i costi di gestione di un locale sono troppo ingenti per poter riaprire con gli introiti di un 35% di capienza. In alternativa, i gestori sarebbero obbligati a praticare prezzi inaccessibili ai più. Sarebbe stato più onesto dire "non ci sono le condizioni, non si può riaprire", ma con i dati sulle vaccinazioni sarebbe stato difficile da motivare. È riscontrabile sul sito del governo: l'84,23% della popolazione ha fatto almeno una dose di vaccino; il 79,47% ha completato il ciclo vaccinale».
«È vero, l'importante è riaprire — spiega Maurizio Pasca, presidente del Silb, il sindacato dei gestori delle sale da ballo — ma così le condizioni non sono favorevoli perché incideranno sui costi».Dal suo canto, però, il Cts, motivando la riapertura delle discoteche al 35%, sottolinea come «tali attività si configurano tra quelle che presentano i rischi più elevati per la diffusione del virus». Per questo restano i punti fermi sulla registrazione obbligatoria degli utenti, che consenta un eventuale tracciamento: indispensabile dunque il Green pass valido. In definitiva, le discoteche si ritrovano ancora nel limbo: potrebbero riaprire, ma forse non riapriranno.
«Lo stesso discorso — evidenziano ancora dalla Siae nella nota — vale per i concerti, che restano impossibili da organizzare. La petizione che Siae ha lanciato sulla piattaforma www.cultura100x100.it ha raccolto finora oltre 17 mila firme e chiede la riapertura a capienza totale e in sicurezza dei luoghi della cultura, ribadendo «per l'ennesima volta che l'industria della cultura è una delle più importanti del Paese, per valore, occupati e riconoscibilità all'estero. È tempo di farla ripartire a pieno regime, perché c'è il rischio di far morire un settore. Non ci sono figli di un Dio minore tra i lavoratori dello spettacolo».