Ogni componente dell’associazione aveva al suo interno un ruolo ben delineato ed il carcere era considerata la base operativa del gruppo o, meglio, la sua “casa” e chi non si atteneva alle direttive impartite dal “capo” sarebbe anche divenuto oggetto, in un’occasione, di una spedizione punitiva. Emergono altri dettagli sull’inchiesta coordinata dalla Procura di Salerno e che ha portato a sgominare un’associazione dedita al traffico di droga ed all’introduzione di telefoni nell’istituto penitenziario. In nove sono finiti in carcere, in sette ai domiciliari, anche complessivamente sono 31 le persone finite al centro delle indagini condotte in maniera congiunta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Salerno e dal Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, con il supporto del gruppo Mezzi Tecnici dello Scico. I reati contestati sono, oltre a quelli in materia di stupefacenti, anche alcuni episodi corruttivi, l’estorsione, la vendita di un’arma modificata nonché il riciclaggio e l’autoriciclaggio dei proventi illeciti attraverso l’acquisto di attività commerciali, come un centro estetico a Bellizzi, e di auto di grossa cilindrata. A capo dell’organizzazione, composta da alcune persone in stato di detenzione ed altre operanti all’esterno del carcere, viene ritenuto un detenuto vicino al clan De Feo. Tra i destinatari del provvedimento cautelare, eseguito ieri, compaiono anche l’agente penitenziario e la compagna che furono arrestati in flagranza di reato lo scorso 21 dicembre, per aver favorito, a fronte del pagamento di denaro, l’introduzione all’interno del carcere di droga e telefonini. In quella circostanza l’agente, vistosi scoperto, tentò la fuga dopo aver minacciato le forze dell’ordine con la pistola d’ordinanza.
Droga e telefoni in carcere: soldi in auto di lusso e negozi
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