Cinque persone indagate per la morte di Umberto Maddolo, il 62enne di Capaccio Paestum deceduto dopo un intervento al cuore. L'uomo aveva avuto un malore dopo l'operazione, che lo ha stroncato: i familiari, che denunciarono la vicenda, erano riusciti ad ottenere la riesumazione della salma, che ha portato a scoprire che nel corpo c'era una garza di 15 centimetri. La Procura di Salerno ha quindi iscritto nel registro degli indagati cinque medici, tra cui il dottor Enrico Coscioni, primario di Cardiochirurgia dell'ospedale San Giovanni di Dio – Ruggi d'Aragona. Le ipotesi contestate ai cinque indagati sono, a vario titolo, omicidio colposo e responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario in concorso. Sequestrate anche le cartelle cliniche relative a Umberto Maddolo.
Sulla vicenda della morte del 62enne Maddolo, anticipata da ” Le Cronache”, e rilanciata oggi da tutti i principali giornali è intervenuto anche Vincenzo D'Amato, il direttore dell'azienda. Una nota, quella di D'Amato, pilatesca poco rispettosa per il dolore della famiglia Maddalo e scarsamente cautelativa nei confronti degli indagati nei cui confronti i magistrati ipotizzano il reato di “cooperazione in omicidio colposo”.
D'Amato dovrebbe sapere che una garza lunga poco meno di 15 centimetri non si trova per caso nel corpo di un paziente e la sospensione di Coscioni e della sua equipe a tal riguardo poteva essere quanto mai opportuna per un rigoroso quanto celere accertamento dei fatti per usare le stesse parole del manager nella nota che stona con la gravità della situazione.
Siamo certi che il dottor Coscioni manterrà la giusta e adeguata serenità negli interventi che attendono lui e la sua equipe ma se dovesse registrarsi un altro decesso cosa accadrebbe? Non si rischierebbe di perdere in un sol colpo la credibilità di un reparto che fino a qualche tempo fa era considerato una eccellenza?
La garza c'è ed è stata trovata lì dove non doveva trovarsi. E' già questo è un dato fondamentale che non basta ad evocare l'applicazione delle linee guida che riguardano e contengono solo regole di perizia e non afferiscono ai profili di negligenza e di imprudenza.
La giurisprudenza segnala che, in tema di colpa professionale, nel caso di equipe chirurgica ogni sanitario è tenuto ad osservare gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Principio dal quale discende che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l'attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio o facendo in modo che si ponga opportunamente rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rilevabili ed emendabili con l'ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio