La data coincide con il 27 gennaio 1945, la data in cui, oggi, 80 anni fa, l'esercito sovietico entrò nel campo di concentramento di Auschwitz

Giorno della memoria, perché è necessario ricordare

Olocausto (sacrificio) e Shoah (distruzione) i termini scelti per descrivere le persecuzini, lo sterminio e il genocidio
Francesca Salemme

Per ricordare la Shoah, lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani deportati nei campi di concentramento, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati” nel nostro Paese è stato istituito, venticinque anni fa (legge 211 del 20 luglio 2000, ndr), il Giorno della memoria.

La data scelta dl legislatore – il 27 gennaio – coincideva con il 27 gennaio 1945, la data in cui, oggi, 80 anni fa, l’esercito sovietico entrò nel campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia, scoprendo e rivelando al mondo l’orrore del genocidio nazista.

Olocausto – parola greca ed ebraica che indica un sacrificio – il termine usato per raccontarlo al mondo. Un termine che apparse per la prima volta nella didascalia di una foto pubblicata il 7 maggio 1945 da Life all’interno dell’articolo “German atrocities” (relativa al rinvenimento dei prigionieri uccisi nel campo di Gardelegen) e che da quel momento è entrato nel linguaggio comune per descrivere lo sterminio subito dagli ebrei d’Europa e quindi per indicare l’insieme delle politiche di genocidio della Germania nazista di Adolf Hitler.

Shoah, che significa “desolazione, catastrofe, disastro”, è invece quello adottato più recentemente per descrivere specificamente la tragedia ebraica di quel periodo storico… 6 milioni furono solo le vittime ebree, obiettivo principale dei nazisti, che perseguitarono anche altri gruppi o etnie che ritenevano “indesiderabili” o “inferiori” per motivi politici o razziali: i rom, gli omosessuali, i neri, le persone con disabilità mentali o fisiche, gli oppositori politici, i Testimoni di Geova, i prigionieri di guerra.

Oggi ad Auschwitz una megacerimonia con teste coronate e presidenti racconta la necessità cogente di coltivare la memoria visto che – per ragioni anagrafiche – sono pochissimi i sopravvissuti ai campi di sterminio, testimoni diretti di quello che accadde, ancora in vita: “tocca ai loro figli e ai figli dei loro figli continuare a farlo” (Elie Wiesel).

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