Vent’anni dopo l’11 settembre siamo tutti ancora lì, fermi davanti ai teleschermi

L’11 settembre? E’ un luogo (spazio-temporale) comune

Un pezzo di storia del mondo che ci racconta un pezzo della nostra storia personale. E viceversa
Francesca Salemme

“Certi luoghi contengono paesaggi che ci riguardano. Certi paesaggi contengono persone e circostanze che hanno cambiato la nostra storia e per questo ci appartengono” recita così l'introduzione di un bel libro di Pino Corrias -“Luoghi comuni” – dedicato a luoghi che hanno una valenza universale, anche per chi non li ha mai attraversati (penso a Wuhan, che prima del 2020 era una remota e misconosciuta città cinese, o a Codogno, che per mesi è stato il crocevia della nostra storia più recente).

Anche alcune date sono comuni: ognuno di noi sa perfettamente dove si trovasse e cosa stesse facendo il 9 marzo 2020 (giorno dell'annuncio del lockdown), il 23 novembre 1980 (terremoto Irpinia) o l'11 settembre 2001, quando il mondo ha smesso di essere quello di prima.

Vent'anni dopo quelle due ore in cui abbiamo visto colpite prima e sbriciolate poi le Torri gemelle, i fatti più recenti dell'Afghanistan, e quei corpi che ora come allora precipitavano nel vuoto, ci ricordano che se è vero che il tempo passa, confonde e dimentica, la memoria ed il suo esercizio (soprattutto attraverso la scrittura, in particolare quella giornalistica) lo fermano, lo cristallizzano e ci restituiscono la mappa delle nostre vite e le pagine della storia del mondo.

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