Regaliamo pure mimose, ma che non sia un inutile orpello ad una giornata vuota, da festeggiare solo perché così vuole il calendario. Di questi tempi soprattutto – con tutti gli episodi di cronaca che vedono le donne protagoniste nel ruolo di agnelli sacrificali sull’altare della follìa – alla parola “festa” bisogna far seguire un punto interrogativo, perché chi continua ad essere vittima di violenze sessuali e di soprusi poco avrebbe da festeggiare. Né oggi, né domani. Va bene, dunque, omaggiarle con il fiore che è il simbolo della femminilità, ma va anche meglio fermarsi a riflettere e ripercorrere tutte le tappe che hanno segnato la lenta risalita dell’universo femminile verso una parità dei diritti che ancora non può definirsi tale. La donna – che è madre dei nostri figli e figlia stessa, oltre che compagna – ha bisogno di rispetto e non di mimose. Ha bisogno di rapporti paritari e non di regalini. Sarebbe bello, oggi, poter assistere ad una festa della donna allargata, con donne e uomini che passeggiano e discutono tra loro, senza lasciarsi andare alle strane abitudini di sempre, che vogliono sole donne nei locali a divertirsi – magari con tanto di streap-tease maschile – e gli uomini comodamente seduti davanti alla TV a guardare i gol di serie A. Se è una festa, perché separarsi? Per dialogare e costruire bisogna essere sempre in due…
La festa (?) della donna
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