La liturgia dell’anno giudiziario

Redazione

Più proteste che consensi, secondo copione, per una cerimonia solenne come la giustizia e forse inutile come le liturgie dove gli astanti sono semplici convitati di pietra. L’inaugurazione dell’anno giudiziario solleva polemiche ricorrenti e rilevatrici della triste ciclicità di tutti i problemi irrisolti: l’eccessivo formalismo delle procedure, l’irragionevole durata dei processi, l’endemica carenza degli spazi, la strutturale mancanza di unità lavorative, l’esigenza forte di una riforma che renda la Giustizia più certa e credibile agli occhi del cittadino. Anche oggi, anche a Salerno, sedie vuote dinanzi ai vertici della magistratura locale e del Ministero. Le toghe abbandonano perché non accettano gli insulti del Governo che insiste su disegni di riforma che violerebbero le prerogative dell’ordine giudiziario e le esigenze reali dei cittadini Comuni. Tutta propaganda, secondo l’Esecutivo, che ribadisce la disponibilità a ragionare su basi concrete ma bolla le proteste odierne come campagna elettorale in vista del rinnovo del Consiglio Superiore della Magistratura. Ma la cerimonia di oggi non è mai piaciuta neanche all’Aiga, associazione che riunisce i giovani avvocati e fa storcere la bocca anche alle Camere Penali. I giovani vorrebbero una manifestazione aperta e non autoreferenziale, con incontri e forum di discussione sui problemi della giustizia in tutti i distretti giudiziari; i penalisti criticano i processi di riforma che non assicurano al cittadino una ragionevole durata del processo, non eliminano i passaggi barocchi di molte procedure e rimodulano gli uffici giudiziari accorpandoli e lasciando scoperte le periferie.

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