Le bandiere al vento dei sindacati e le parole al vento dei vari governi – di destra e di sinistra – che passano per Roma da decenni in qua, lanciando proclami e promesse manco fossero coriandoli. I concerti di piazza, ma la musica è sempre la stessa, perché anche quest’anno celebriamo la festa del lavoro che non c’è, di quello mal pagato, di quello precario, di quello perduto, di quello mai avuto, di quello a rischio. Nemmeno quest’anno riusciamo a celebrare la festa del lavoro, punto. Non saranno i cento euro in più in busta paga – per chi ne avrà diritto – a fungere da bacchetta magica, le criticità da affrontare sono ben altre, a cominciare dalle situazioni in cui versano decine, centinaia di industrie del territorio soprattutto giù, al Sud, dove – come diceva mirabilmente Renzo Arbore in una canzone – “faticamm’ a faticà”. Per non parlare della sicurezza dei lavoratori, visto che le morti bianche erano e restano tematica da convegno piuttosto che emergenza da risolvere. Meno slogan, meno musica, meno parole. Più fatti, se è possibile.
Primo maggio: i soliti cortei, i soliti concerti, le solite criticità
Lavoro, meno musica e parole, più fatti
Per il futuro e la sicurezza dei lavoratori ci vuole ben altro che 100 euro in più
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