Sui giornali le chiamano “morti bianche” o, in alternativa, la “strage silenziosa”, eppure i morti sul lavoro in Italia gridano molto forte e chiedono giustizia e sicurezza: dalla strage degli operai travolti dal treno a Brandizzo alla esplosione della centrale di Bargi, dal crollo dell’ipermercato di Firenze, la tragedia di Casteldaccia all’incidente di due giorni fa a Calenzano, alla morte di Angelo Montemurro, gli ultimi 12 mesi possono essere annoverati tra i peggiori che la storia del lavoro italiano ricordi.
Partendo dai dati forniti dallo studio “Il lavoro che uccide” della Uil, secondo il quale nell’ultimo decennio la media è stata quasi di 1.200 vittime annue, si può dire che il 2024 è in linea con i precedenti: solo nei primi 10 mesi, ovvero fino a metà ottobre, il 13 di quel mese si celebra la “Giornata dedicata alle vittime sul lavoro”, ci sono stati 890 incidenti mortali (+2,5%), con un decremento dei casi avvenuti nello svolgimento delle attività, passati da 672 a 657, e un aumento di quelli occorsi nel tragitto casa-lavoro, da 196 a 233, come rilevato dall’Inail.
Sempre secondo gli ultimi dati forniti dall’Istituto, le donne risultano meno colpite, anche se è femminile la percentuale più alta negli infortuni in itinere, ma i lavoratori stranieri sono quelli che soffrono di una incidenza crescente.
I giovani tra i 15 e i 24 anni sono particolarmente vulnerabili, così come gli ultrasessantacinquenni.
I settori più colpiti sono le Costruzioni, le Attività Manifatturiere, i Trasporti e il Commercio, con un aumento significativo delle vittime nel settore edile nell’ultimo semestre.