Maccaferri arrugginiti, il titolo prossimo venturo di una lunga storia dal finale triste, una vicenda che sta per lasciare ad imperituro ricordo l'ennesimo scheletro di quella che fu un'azienda. Un finale che, purtroppo, sembra scontato proprio perché scritto dalla Proprietà nelle motivazioni della chiusura: cessazione di attività. Un qualcosa che lascia intravvedere pochi spiragli. Eppure, i 32 operai che hanno visto progressivamente svanire il posto di lavoro non ci stanno e sono pronti a clamorose forme di protesta. Da domani, si incateneranno dinanzi allo storico stabilimento di Bellizzi per non lasciare nulla di intentato, per provare ancora a smuovere le coscienze e sensibilizzare l'opinione pubblica su quanto possa essere dolorosa la ferita, per il territorio, che perde un'altra attività produttiva, per il futuro di 32 famiglie.
Le rappresentanze sindacali ce la stanno mettendo tutta pur di non arrivare allo stop definitivo, in un incontro in videoconferenza con la responsabile delle Risorse Umane e il Direttore aziendale hanno chiesto la proroga della cassa integrazione di 13 settimane per tener botta fino a giugno, allorquando il Mise dovrebbe convocare un tavolo per vedere se esistono le condizioni per salvare l'azienda e salvaguardare i dipendenti, ma la volontà della proprietà resta quella di chiudere per sempre, indipendentemente dalle cause rappresentate dalla scarsa produttività e quindi redditività dell'impianto. La proroga concessa, ma di sole 5 settimane, della cassa integrazione appare come la classica pietra tombale sul discorso. In assenza di fatti nuovi e positivi, oltre che clamorosi, il prossimo 23 aprile scorreranno i titoli di coda, ma i lavoratori non hanno alcuna intenzione di rassegnarsi.