Massimo Franco scrive un ritratto (in parte) inedito di Giulio Andreotti

Redazione

Nella Sala del Gonfalone sembra essere tornati un po’ ai tempi della balena bianca. Molti volti appartengono ad una stagione forse irripetibile, capace di scrivere pagine di storia della Dc a Salerno, ma anche pagine di impegno politico nella corrente di Giulio Andreotti. Il tratto più deciso del libro edito da Solferino e scritto da Massimo Franco forse è proprio la consapevolezza che quello che fu definito “andreottismo”, oggi non c’è più né è stato declinato in forme diverse. Dagli interventi di un ex avversario politico all’epoca sul fronte comunista come Vincenzo De Luca e dalle parole dell’ex ministro dell’Interno della Prima Repubblica Vincenzo Scotti, si percepisce come la figura spesso controversa e molto dibattuta di Andreotti si consegni alla storia comunque con un carattere di gigantismo, di raffinatezza di strategia, di cinismo ed ironia spesso misconosciuti o riletti in luce negativa. Il merito di Massimo Franco e della biografia intitolata “C’era una volta Andreotti”, è quello di entrare nel merito in modo asciutto nelle vicende che videro protagonista il sette volte presidente del Consiglio, ventisette volte ministro e parlamentare in tutte le legislature della Repubblica dal 1948 fino alla sua morte, avvenuta il 6 maggio 2013. Fare i conti con la vita di Andreotti, giocoforza è fare i conti con un pezzetto del nostro cammino, come del cammino della Chiesa oltre che di un Paese laico. A guardarci oggi, voltandoci indietro, la distanza tra le due Italie è siderale.

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