Da più parti, in queste ore, arriva l’appello a non rimanere indifferenti rispetto alle 26 salme sbarcate ieri al molo 3 gennaio di Salerno. Il rischio è che ci si abitui non solo alla sofferenza dei volti di chi arriva provato ma vivo sulle nostre coste, ma finanche ai cadaveri martoriati di povera gente inerme, nel caso della nave Cantabria tutte donne alcune delle quali poco più che bambine. Una circostanza che ha colpito alla pancia e al cuore, che fa star male e su cui le stesse istituzioni non sono rimaste indifferenti. Ma perché i 26 corpi appartenevano solo a donne giovanissime, come sono morte? Già ieri il prefetto Salvatore Malfi ha abbozzato alcune ipotesi. L’immensa tragedia umana- lo diciamo senza retorica- che ieri ha preso forma nello sbarco di Salerno di 26 cadaveri e quasi 400 disperati è riuscita nel miracolo di accomunare parti politiche culturalmente distanti nel chiedere di rispettare il lutto, di evitare strumentalizzazioni, semmai di interrogarsi per capire come possa accadere anche dopo gli interventi messi in campo sui respingimenti dall’Italia e dall’Unione Europea, con tutta evidenza insufficienti. C’è chi propone, come il sindacato, sostenuto dall’Unicef, l’apertura di corridoi umanitari per consentire l’arrivo dei disperati. Perché il fenomeno migratorio non si risolve bloccando le Ong, organizzazioni non governative, e lasciando annegare queste persone in mare. Né ci si può illudere di creare nel breve-medio termine condizioni di vita nell’Africa settentrionale o centrale tali da evitare le migrazioni. Il tema è più profondo, ci riguarda tutti perché quei morti sono anche i nostri morti, e va affrontato nella sua parte più vera: la gestione dei migranti una volta sbarcati sul continente europeo. Attenzione: non in Italia, ma in Europa, perché il mediterraneo è il mare su cui s’affaccia il vecchio continente ed ogni paese dell’Unione, se davvero l’Unione esiste, dovrebbe potere e sapere fare la sua parte. https://www.youtube.com/watch?v=91XZj8JAUWU
Migranti: una tragedia umana che ci riguarda tutti. Quei morti sono anche nostri
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