Un quadro molto inquietante è quello emerso dalle indagini di Carabinieri ed Antimafia che hanno portato all’arresto del rampollo del clan Maiale nella Piana del Sele. Le minacce, il tentativo di estorcere denaro ai commercianti, le botte prese e date, le calunnie contro i titolari di un supermercato, il possesso di una pistola (che però non è stata ritrovata), il metodo mafioso messo in atto con almeno due complici. Giovanni Maiale junior, rampollo dell’omonimo clan, cercava di farsi largo ad Eboli e dintorni con la solita violenza, spalleggiato da Massimo Ammutinato e Rodolfo Prinzi, i due sodali finiti nei guai insieme a lui grazie ad un’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia e dei Carabinieri della Compagnia di Eboli. Ad incastrare il gruppo dei tre ci sono fiumi di intercettazioni telefoniche ed ambientali ma soprattutto le immagini dei sistemi di videosorveglianza presenti nella zona di via Epitaffio, dove mesi fa Maiale ed i suoi misero a segno un raid punitivo nei confronti dei titolari di un supermercato che non volevano pagare il pizzo. In quell’occasione, però, gli andò male, perché i due commercianti reagirono a colpi di mazza da baseball, ferendoli. A notare il sangue fu un passante che allertò i Carabinieri. E da quell’episodio, si è partiti fino ad arrivare alla stretta degli arresti di ieri. Nel mezzo, il tentativo di Maiale e Prinzi di ribaltare le colpe di quella rissa sui titolari del supermarket con una denuncia per lesioni e tentato omicidio. Ipotesi smentita dalle videoregistrazioni, tant’è che Prinzi e Maiale sono anche accusati di calunnia. Ma le storie di minacce, violenze e pestaggi vengono fuori pure da altre intercettazioni, dove si fa riferimento alle lezioni da dare agli zingari e all’utilizzo della cosiddetta “sciaraballa”, che secondo gli inquirenti altro non è che una pistola calibro 38 la cui presenza nelle mani di Maiale è documentata ma che non è stata rinvenuta durante le perquisizioni.
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