Come l’eterna lotta tra il bene e il male, scoppia improvvisa la guerra scatologica tra la tradizione e l’inflazione. Albero e presepe hanno le lucine proprio perché devono brillare, illuminare gli ambienti e riscaldare i cuori in famiglia, ma sono tempi duri, più le lucine restano accese, più il contatore gira e poi – quando arrivano le bollette – a girare sono le scatole, per cui in tante case si è deciso di proclamare l’austerity anche per la sacra grotta e l’abete con le palle colorate. C’è chi se ne infischia e corre il rischio, sfidando le correnti – elettriche – rimandando a dopo le feste i mugugni per i rincari. Così come si divide la collettività sul da farsi in queste febbrili ore che precedono il dì di festa: c’è il partito del “a Natale non ci facciamo mancare niente”, per cui si va giù di acquisti per cenoni e pranzi e per i regali da fare e il partito del “non è il caso di svenarsi”, un rischio che è concreto visto che anche panettoni e capitoni si presentano con prezzi mai visti prima, manco fossero firmati Dolce e Gabbana. Secondo gli exit poll, dovrebbe vincere – ma non stravincere – il partito di chi non rinuncia alla tradizione, alla faccia dell’inflazione che però, c’è da giurarci, farà forte opposizione alla risicata maggioranza.
Natale: tradizione vs inflazione, chi la spunterà?
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