Cosa abbia spinto Vincenzo Magliacano ad uccidere Biagio Capacchione sarà lui stesso a chiarirlo, nell’interrogatorio di garanzia che sosterrà in carcere insieme al suo avvocato. In queste ore è attesa la convalida dell’arresto dell’assassino reo confesso. All’accusa di omicidio volontario potrebbe aggiungersi l’aggravante della premeditazione, vista la dinamica dell’agguato teso ieri mattina alla vittima, in Via Trinità a Baronissi.
Quando i Carabinieri della Compagnia di Mercato San Severino e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Salerno lo hanno trovato nella zona montuosa di località Caprecano, Magliacano era in forte stato di agitazione. Imbracciava ancora il fucile con il quale aveva esploso poche ore prima due colpi contro Capacchione, ferendolo a morte. Vagava a piedi nei boschi, dopo aver lasciato lungo un sentiero la Lancia Delta con cui aveva atteso la sua vittima.
Portato in caserma, davanti al pm della Procura di Nocera Angelo Rubano e alla presenza del suo legale, Magliacano ha reso una breve dichiarazione con cui confessava l’omicidio. Ma nulla di più. Per il movente bisognerà attendere l’interrogatorio di garanzia. Tra le ipotesi, quella che conduce a dissapori per motivi di lavoro.
Già soci in affari, legati in passato da forte amicizia, Capacchione e Magliacano erano diventati concorrenti. Il primo, titolare di una grossa officina che impiega decine di lavoratori e gode di molte commesse, con tanto di rivendita auto. Il secondo, alla guida di un’azienda più piccola, nello stesso settore, ma con un giro più ristretto.
L’autopsia sul cadavere di Capacchione dovrebbe confermare il decesso per le ferite profonde causate alla testa e all’addome dai pallettoni usati per la caccia al cinghiale. L’omicidio ha sconvolto la comunità della Valle dell’Irno, dove vittima e carnefice erano molto conosciuti.
https://www.youtube.com/watch?v=xXFfdI-GVeE