Il procuratore generale Leonida Primicerio non ci sta e fa ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Salerno che ha ridotto a vent’anni di reclusione la pena nei confronti di Ionut Alexa, l’uomo che quattro anni fa ha ucciso brutalmente Natalino Migliaro e stuprato la sua fidanzata. Primicerio contesta un difetto di motivazione alla sentenza della Corte d’Appello, contraddittoria e frutto di congetture nella parte in cui confuta la ricostruzione già fatta propria dai giudici di primo grado: e cioè che Alexa abbia picchiato selvaggiamente Migliaro per rapinarlo e poi per violentarne la fidanzata. E’ stata proprio la connessione tra questi reati a determinare il Tribunale alla condanna all’ergastolo in primo grado, poi ridotta vent’anni dalla Corte d’Appello che invece ha fatto cadere tutte le aggravanti. Un fatto che ha sconcerta il Procuratore generale, che ora si affida alla Cassazione per chiederle l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello ed il rinvio per un altro processo. Per Primicerio, Alexa ha senz’altro agito con lo scopo di commettere una catena di reati, uno dopo l’altro. La famiglia di Natalino Migliaro, che morì due mesi dopo il brutale pestaggio all’Idrovora di Battipaglia la notte del 4 ottobre 2014, si riaccende la speranza e si rinnova la fiducia nella giustizia. C’è stato un omicidio- hanno detto tramite il loro avvocato- ed è giusto che si applichi il massimo della pena. D’altronde, non vi sono dubbi che ad agire quella notte sia stato Ionut Alexa, incastrato dal dna repertato durante una retata antiprostituzione nel 2015: quello della sua saliva coincideva con quello del liquido seminale trovato sul luogo dell’aggressione e sui vestiti della fidanzata di Migliaro. L’agguato alla coppia, tra l’altro, sarebbe maturato nel contesto violento di un momento storico che vedeva una guerra tra bande (una rumena, l’altra albanese) per il controllo della prostituzione in litoranea.
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