Secondo i giudici del tribunale del Riesame il boss Antonio Pignataro non era il capo di un clan strutturato, piuttosto un uomo capace ancora di esercitare forti influenze nel suo territorio d’origine. E’ per questo motivo che il collegio presieduto da Gaetano Sgroia ha deciso di far decadere l’accusa più grave (quella che portava dritto al metodo camorristico-mafioso) pur tenendo in carcere il boss Pignataro per gli altri reati ipotizzati dalla direzione distrettuale antimafia di Salerno: innanzitutto l’estorsione, ma anche le minacce e la violenza privata, esercitate direttamente o tramite i sodali Ciro Bianco e Carlo Eboli per imporre il suo volere in svariati settori dell’economia dell’agro nocerino, dall’edilizia al commercio. In piedi restano pure le accuse formulate dai magistrati antimafia sullo scambio elettorale per portare voti a Carlo Bianco (ex consigliere comunale di Nocera Inferiore non rieletto alle ultime amministrative) e poi a Ciro Eboli, che alle elezioni più recenti si è presentato in una lista civica senza riuscire ad entrare nell’assise municipale. Insomma, per il Riesame Antonio Pignataro si comportava innegabilmente come un boss, impartendo ordini perfino dal balcone di casa, ma non era a capo di un sodalizio criminale, non aveva un clan tutto suo. Restano da chiarire altri passaggi dell’inchiesta della Procura di Salerno, compreso quello che porta dritto alle pressioni che Pignataro avrebbe esercitato su Comune di Nocera Inferiore e diocesi locale per far cambiare la destinazione d’uso ad un terreno e far costruire una casa famiglia. Su questa, come su altre vicende, gli inquirenti hanno raccolto altri elementi illustrati- in parte- anche davanti al tribunale del Riesame. https://www.youtube.com/watch?v=E1654I7p1PI
Per il Riesame Antonio Pignataro non era capo di un clan camorristico
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