La voce rotta dalla commozione dell’arcivescovo Moretti è il segno tangibile della stanchezza dell’uomo ma soprattutto della saldezza della fede del pastore. La comunità salernitana lo capisce e gli tributa un lungo applauso, prima che faccia capolino la statua di San Matteo, portata a fatica dai paranzieri se non altro per un allestimento ingombrante, forse con un pizzico di kitsch ma sui gusti non di discute. La processione del 21 settembre è un momento di fede irrinunciabile: qualunque cosa si faccia o si dica tutto passa quando sfilano i Santi Martiri Gaio, Ante e Fortunato, papa Gregorio VII, San Giuseppe ed il patrono Matteo. In piazza Portanova tanta gente e le prime, timide, giravolte. Quando cala la sera è il simulacro illuminato di San Giuseppe, con tanto d’albero a tre metri di luce, a piroettare, prima che il corteo attraversi l’intero Corso Vittorio Emanuele ed intercetti i fedeli in Via Roma. Tra loro, c’è l’assessore al Turismo del Comune di Prato, venuta a Salerno per studiare la processione di San Matteo. La fatica si legge sui volti dei paranzieri, padri e figli come da tradizione tramandata da generazioni. Molti di loro, per fede religiosa, hanno messo da parte la fede calcistica: ieri sera, infatti, si giocava il derby Benevento-Salernitana. La tappa più attesa, ovviamente, era quella davanti al Palazzo di Città. Le tensioni tra Comune e Curia si dissolvono quando San Matteo si volge verso l’atrio e l’ampia vetrata con l’effige dell’Evangelista e quando don Michele Pecoraro invoca la preghiera per le istituzioni. Toccante il messaggio dell’arcivescovo prima di rientrare in Cattedrale. La festa religiosa si conclude, ma per le strade di Salerno si intuisce che la notte è lunga: la chiusura è da incorniciare, con i fuochi che abbracciano l’intera città con un finale tutto granata.
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