Bande di minorenni trasformano le piazzette in ring

Ragazzini fuori controllo al Carmine: vandalismi e liti

"Urla, schiamazzi e degrado, ma nessuno interviene"
Antonio Esposito

Coi pugni chiusi e le risate stridule, hanno trasformato una serata qualunque in un ring improvvisato. Sotto la chiesa dei Salesiani, quello che doveva essere un incontro tra amici è diventato in pochi minuti una rissa: calci negli stinchi, schiaffi che risuonano, spintoni che fanno cadere a terra. “Stiamo solo giocando”, urlano tra loro, mentre i residenti osservano impotenti dalle finestre.  È l’ultimo episodio di una lunga serie che sta stravolgendo il quartiere Carmine. Ogni sera, gruppi di ragazzini tra i 14 e i 16 anni si ritrovano tra il parco Pinocchio e i giardini pubblici, dove quello che inizia come un gioco degenera sistematicamente in violenza gratuita. Le risse sono solo la punta dell’iceberg di un malcostume dilagante: schiamazzi fino a notte fonda, bestemmie che rimbombano tra i vicoli, bottiglie rotte sui marciapiedi.  “All’inizio sembravano semplici ragazzate – racconta un commerciante della zona – ma ora la situazione è sfuggita di mano”. I tentativi di richiamarli all’ordine si infrangono contro un muro di insolenza: quando qualcuno prova a intervenire, viene sommerso da cori di pernacchie e insulti.  Le forze dell’ordine, più volte allertate, si trovano di fronte a un paradosso: non si tratta di criminalità organizzata, ma di una maleducazione diventata sistema. I genitori sono invisibili, la scuola sembra lontana anni luce, e quei ragazzi – lasciati a se stessi – hanno trovato nel branco e nella violenza da diffondere sui social la loro forma di espressione.  Quello che preoccupa non sono solo i danni materiali o le notti insonni, ma la normalizzazione di comportamenti aggressivi. Quando un calcio sferrato “per gioco” diventa routine, quando le parolacce sostituiscono il dialogo, il confine tra ragazzata e degrado sociale si fa sempre più sottile. E il Carmine, ogni sera che passa, diventa la cartina tornasole di un’emergenza educativa che nessuno sembra voler affrontare.

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