Relazione semestrale della DIA: droga principale business per i clan nel salernitano

Redazione

Una criminalità non omogenea in provincia di Salerno che varia anche a causa della diversità delle varie aree del territorio. Dall’ultima relazione semestrale della Dia – si legge sull’edizione odierna de Il Mattino – non si registrano particolari cambiamenti sotto il profilo degli equilibri e dei principali interessi delittuosi dei sodalizi locali. Tra le attività delinquenziali più diffuse, il traffico e lo spaccio delle sostanze stupefacenti, che è anche il prioritario canale di finanziamento ed arricchimento. Ma accanto agli affari illeciti tradizionali si registrano sempre più incisive tecniche di penetrazione nel tessuto socio economico, politico ed imprenditoriale locale, in modo da controllare alcuni settori nevralgici dell’economia come la costruzione di opere pubbliche, forniture e gestione di servizi sia per l’ambiente ma anche per altre attività. I clan di maggiore spessore, si legge nella relazione della Dia, hanno imparato a far meno «rumore»: le azioni dimostrative “eclatanti” non fanno più parte del modus operandi delle principali organizzazioni. I loro affiliati, ricordando le passate esperienze giudiziarie in cui sono rimasti coinvolti direttamente o tramite congiunti, prediligono una minore visibilità dedicandosi apparentemente ad attività illecite di minor allarme sociale. Continuano ad esistere importanti collegamenti con le consorterie originarie del napoletano e del casertano: a riscontro di ciò, viene citata la misura cautelare emessa lo scorso aprile a carico di due affiliati del clan Pecoraro- Renna di Battipaglia, un affiliato al gruppo Cesarano di Castellammare ed un affiliato alla famiglia Mallardo di Giugliano, ritenuti responsabili dell’omicidio di un pregiudicato avvenuto a Pontecagnano nell’agosto del 2015. Sinergie sono riscontrate anche tra gruppi locali, come nel caso del blitz che ha coinvolto contemporaneamente esponenti del clan D’Agostino di Salerno, Pecoraro- Renna di Battipaglia e De Feo di Bellizzi, i quali avevano trovato una sorta di “pax camorristica” in materia di stupefacenti. L’azione repressiva di magistratura e forze dell’ordine ha determinato un affievolimento dell’operatività criminale. In questi vuoti di potere si sono inseriti gruppi criminali minori non sempre identificabili come sodalizi di chiara matrice camorristica ma comunque dediti alle tipiche attività mafiose: dal traffico di stupefacenti alle estorsioni, usura, detenzione di armi, rapine e truffe ai danni di assicurazioni ed enti pubblici. Molte di queste attività producono «cassa» per tentare d’infiltrarsi nell’economia sana come nel settore turistico alberghiero ed immobiliare in Costiera, nel Cilento e Vallo di Diano.

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