Salerno, l’odissea al Ruggi di una mamma disperata

Ivano Montano

La paura e la sensazione di impotenza che ti assale, il tutto in un post pubblicato da una giovane mamma su facebook. Un post che lei stessa definisce “necessario”, per denunciare una brutta storia di assistenza sanitaria negata. Il suo bimbo ha la febbre e le convulsioni, la donna in pieno panico chiama quattro volte il 118, finalmente qualcuno risponde, dopo un’ora arriva un’ambulanza. Con il bimbo, a bordo sale il papà perché la mamma è positiva al covid. Giunti all’ospedale, il piccolo risulta positivo, provano a fargli le analisi del sangue ma non riescono a prendere la vena, poi dicono al padre che essendo positivo il bambino dovrà stare in isolamento e in reparto non c’è posto. Da quel momento, una lunga situazione di stallo, un limbo che dura otto ore, con il piccolo in isolamento – assistito unicamente dal papà – senza assistenza, senza acqua né cibo, senza un termometro per misurare la temperatura -. La signora, disperata, si reca all’Ospedale e si attacca al campanello del Reparto Pediatria fino a quando qualcuno decide di ascoltarla, dicendole che il bambino era monitorato, ma in realtà accanto a lui ci è rimasto per otto ore solo il papà. Dunque, una dottoressa decide di dimettere il piccolo perchè non ritiene necessario il ricovero, il tutto senza una visita di controllo. “Ora Luca sta bene – scrive la mamma – ma devo stare sempre attenta alla temperatura visto che potrebbe verificarsi un’altra crisi convulsiva; ovviamente farò tutti i controlli che devo privatamente – scrive – ma volevo fare luce su quanto accaduto, su quanto sia stata presa alla leggera una situazione assai critica”. Doveroso, per noi, riportare in sintesi la storia, così come sarà doveroso accogliere l’eventuale replica da parte di chi dirige l’Azienda Universitaria Ospedaliera Ruggi d’Aragona. Una sola nota a margine: se non si cura con il massimo dell’impegno e dell’amore un bambino che versa in condizioni preoccupanti, allora stiamo messi davvero male.

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