Riavvolgiamo il nastro fino a sabato scorso, allorquando un uomo di 76 anni è stato ritrovato – in un parcheggio, tra Pastena e Mercatello – senza vita nella sua auto, ormai da tempo trasformata in casa. Una storia che non può, non deve passare sotto traccia: era una persona, aveva una storia, aveva un nome e cognome, purtroppo non aveva i mezzi per vivere il resto dei suoi giorni in modo dignitoso, tra quattro mura e sotto un tetto, per cui è stato costretto a sopravvivere in una macchina, esposto alle intemperie, fino alla morte. Ci chiediamo: possibile che nessuno gli abbia mai teso una mano? Possibile che a Salerno, nella città ospitale ed accogliente per eccellenza, visto e considerato che ad ogni sbarco di migranti – com’è giusto e umano che sia – si mette in moto la famosa “macchina organizzativa” per aiutare i profughi, per dare loro sostegno, un luogo ove alloggiare, non si riesca poi a trovare il tempo e il modo di monitorare i salernitani “a rischio”, quelli che non hanno un alloggio e non hanno un euro per sfamarsi, per intervenire in loro aiuto? Eppure, in tal caso, non serve una “macchina organizzativa”. Basta mettere in campo quel sentimento che ci rende umani: la solidarietà. Nella città in cui si aiutano tutti, ci sono ancora salernitani che muoiono, magari di freddo o di caldo, in macchina. Possibile?