Era il 28 aprile del 1963. Sessant’anni fa, la prima tragedia negli stadi, nel mondo del calcio. Ce ne saranno poi tante altre, purtroppo, tra cui la strage dell’Heysel, ma è proprio al “Vestuti” di Salerno che si scrive la prima pagina di una storia inaccettabile, inconcepibile. In campo, la Salernitana di Scarnicci, Santin, Gigante, Cordova, opposta al Potenza. L’arbitro è Gandiolo di Alessandria. Stipati nel vecchio stadio, dodicimila tifosi, tra cui il 48enne Giuseppe Plaitano. Con lui, uno dei suoi quattro figli, Umberto. Il Potenza va in vantaggio con un gol in sospetto fuorigioco e il catino diventa rovente, l’arbitraggio continua ad essere discutibile e quando la giacca nera non concede ai granata un rigore netto per fallo in area su Visentin si scatena l’inferno. Sul rettangolo verde, centinaia di tifosi granata e le camionette della Polizia, partono i primi lacrimogeni, le cariche, le manganellate. Parte pure un colpo di pistola. Quel maledetto colpo di pistola, sparato da un agente, che colpisce Plaitano alla tempia. Il destino non voleva prigionieri, quel giorno, non voleva feriti. Giuseppe Plaitano muore sul colpo, davanti agli occhi del figlio e la rabbia popolare diventa raggelante silenzio. Un processo non si è mai svolto, non si è mai fatta giustizia sulla morte del tifoso. La vicenda resta chiusa negli archivi, il nome di Giuseppe Plaitano resta presente per decenni allo stadio, in uno striscione, quello esposto dal club dedicato alla sua memoria. Il suo ricordo resta indelebile, nel cuore di tutti i tifosi granata. Oggi, come sessant’anni fa.
Al Vestuti la prima tragedia negli stadi
Sessanta anni fa, la tragica morte di Plaitano
I tifosi granata fecero invasione di campo durante la partita col Potenza
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