Quello che arriva dal Governo, per bocca del Premier Draghi, più che un'indicazione è un diktat: si torna a scuola, in presenza, fino alle prime elementari anche nelle regioni in zona rossa. "Obbedisco", saranno costretti a rispondere i Governatori, probabilmente anche quelli di Basilicata, Abruzzo e Molise che vorrebbero andare avanti con la Didattica a Distanza, per cui la responsabilità di una scelta – a nostro sommesso avviso avventata, considerata la curva del contagio che resta appollaiata sul plateau senza dar cenni di voler scendere – sarà tutta del Governo centrale. Da semplici cittadini e padri di famiglia, non possiamo fare altro che prenderne atto e fidarci, anche se, in tutta sincerità, si fa fatica a immaginare che dappertutto, in qualsiasi istituto scolastico di qualsiasi città o paesello d'Italia, si riusciranno a fare i famosi "tamponi rapidi a tappeto" sulla stragrande maggioranza della popolazione scolastica, ovvero gli studenti.
Dalle nostre parti, la campagna vaccinale dedicata a personale docente e non docente sta dando ottimi risultati in termini di percentuale, ma i test rapidi sugli alunni? Chi li fa? Dov'è che si fanno? A chi li fanno? A Salerno era stata avviata a metà febbraio la campagna di screening in collaborazione con la Fondazione Ebris, proprio per la necessità di potenziare i presidi sanitari mirati alla prevenzione ed alla diagnosi veloce di eventuali casi di positività al covid, col duplice scopo di tutelare la salute dei ragazzi ed evitare potenziali focolai epidemici, ma l'iniziativa è stata interrotta da risaputi fatti nuovi e tutt'altro che positivi. Eravamo e restiamo della nostra idea: pensiamo sia il caso di riaprire le scuole solo in assoluta sicurezza. E "assoluta sicurezza" è tutt'altra cosa rispetto all'"armiamoci e partite".