Per il Procuratore Capo di Vallo della Lucania, la donna sarebbe stata uccisa con un martello o qualcosa di simile

Silvia Nowak uccisa a martellate?

Intanto, le donne non subiscono più in silenzio: in forte aumento il numero delle denunce che giungono alle Forze dell'Ordine
Ivano Montano

E’ solo l’ultima macchia di una lunga scia di sangue, la morte di Silvia Nowak, 53enne di origini tedesche scomparsa lo scorso 15 ottobre e poi ritrovata senza vita a pochi passi dalla sua abitazione. Un femminicidio che resta privo di movente e dell’identità del carnefice, ma le indagini proseguono spedite e gli inquirenti stanno ricostruendo tassello dopo tassello l’orrenda fine di Silvia. Intanto, viene fuori l’arma con cui è stato portato a termine l’infernale disegno: come dichiarato dal Procuratore Capo di Vallo della Lucania, Antonio Cantarella, le ferite sul corpo della donna indicano l’uso di un oggetto contundente, probabilmente un martello o qualcosa di simile. Un dettaglio non di poco conto, che apre all’ipotesi di un gesto premeditato ed efferato che lascerebbe poco spazio all’improvvisazione. I cani che Silvia aveva portato fuori prima di trovare la morte non sono più stati ritrovati, le telecamere di sicurezza hanno ripreso Silvia mentre interagiva con una persona di sesso maschile, la cui identità è ancora sconosciuta. La conversazione avvenuta in tedesco è, per gli inquirenti,  un elemento significativo che potrebbe indicare un legame tra la vittima e l’autore del crimine. Solo l’ultima macchia, dicevamo, di una lunga scia di sangue, un’emorragia che va arrestata. Bene allora le tante iniziative a difesa delle donne, bene i tantissimi “no” alla violenza di genere che si levano ovunque, ma quel che fa maggiormente ben sperare è la reazione forte, decisa, delle donne che non subiscono più in silenzio, ma denunciano. Ormai quotidianamente diamo notizie relative a misure cautelari nei confronti di uomini molesti, violenti, prepotenti. I tempi sono cambiati: le donne chiedono aiuto e le forze dell’ordine intervengono. La prevenzione è importante, ma in un periodo storico particolarmente difficile, la repressione lo è ancor di più.

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