Il tribunale del Riesame ha rivisto alcune delle misure cautelari adottate nei confronti delle persone coinvolte alla truffa nei confronti di un noto istituto di credito di Bellizzi.
Ordinanze di custodia cautelare revocate per un funzionario di banca ed un reclutatore di clienti; domiciliari confermati per il direttore dell'istituto di credito e per un altro promotore, al quale però i giudici hanno annullato il sequestro preventivo dei beni. È quanto ha deciso il collegio del Tribunale del Riesame presieduto da Gaetano Sgroia, in seguito al ricorso presentato dai legali di alcune delle persone finite al centro della clamorosa inchiesta della Guardia di Finanza che ha scoperchiato il vaso di pandora di una maxi-truffa ai danni di una nota banca di rilievo nazionale, con filiale a Bellizzi.
La pronuncia dei giudici della libertà smonta un altro piccolo tassello del puzzle costruito dai finanzieri sulla base delle indagini partite da una segnalazione della stessa banca. Infatti, già in sede di interrogatorio di garanzia il gip aveva rinunciato a confermare l'arresto per un altro funzionario coinvolto, pur confermando l'esistenza di un'associazione con i colleghi per mettere in piedi il meccanismo truffaldino.
La frode, che le fiamme gialle hanno quantificato in circa 350mila euro, si basava su un sistema semplice: la concessione di prestiti a procedura semplificata a persone che non avrebbero mai potuto accedervi, mediante la falsificazione di documenti e carteggi predisposti allo scopo dai promotori, dai procacciatori di clienti e dai funzionari della filiale bellizzese della banca. Le persone che si prestavano a fungere da clienti venivano compensate con una percentuale variabile e si trattava di senza fissa dimora, disoccupati o soggetti già noti alla giustizia. Il resto delle somme era diviso tra i colletti bianchi coinvolti, dopo la simulazione del versamento di poche rate di rimborso. Le accuse vanno dalla truffa al falso, al riciclaggio e all'autoriciclaggio.