I Presidi si dicono preoccupati dalla variante inglese che mette a rischio alunni e docenti

Tutti in aula? Difficile…

Il Presidente dell'Associazione Presidi, Giannelli, esclude un ritorno tra i banchi al 100%
Ivano Montano

La curva del contagio non si abbassa, anzi – con la nuova forza delle varianti – tende al rialzo, per cui ogni ipotesi, previsione, iniziativa, insomma ogni parola sulla scuola e sul tanto sospirato ritorno alle attività didattiche in presenza sembra vuota. Una realtà già triste di suo, resa ancora più misera dalle troppe guerre che ci sono in questa guerra contro il Covid. Tra no-dad e si-dad, tra "mamme per la scuola estiva" e docenti del "non se ne parla nemmeno" è ormai una disputa continua, talvolta orale, talvolta scritta con tanto di firme in calce a ricorsi. La salute viene prima di tutto, questo dovrebbe essere un totem inattaccabile e sulla questione interviene il Presidente dell'Associazione Nazionale Presidi, Antonello Giannelli: “Sicuramente l'obiettivo è tornare in classe al 100% ma il problema è se sia possibile, tanto più con la variante inglese che sembra molto aggressiva dal punto di vista dei contagi – ha affermato Giannelli – In questo momento – aggiunge – è molto difficile pensare al rientro al 100% ma è certamente un obiettivo di lungo termine, l'anno prossimo dovremmo avere tutta la popolazione scolastica in classe, anche per questo abbiamo chiesto una accelerazione della campagna vaccinale per la scuola. Con le varianti, bisogna stare attenti, soprattutto nelle aule dove ci sono ragazzi e docenti, ci vuole una rinnovata attenzione che deve essere monitorata”.

Per quanto riguarda il tanto discusso problema legato all'efficacia o meno della didattica a distanza, Giannelli lancia una proposta: se ne occupi l'Invalsi, tramite un monitoraggio oggettivo, scientifico, magari da fare non nell'immediato ma a settembre; un monitoraggio e un piano di recupero sarebbero un buon orizzonte, per il rappresentante nazionale dei dirigenti scolastici, che ricorda che l'Invalsi è l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione, dunque è preposto proprio a questo. I test Invalsi sono una sorta di diagnostica, come una tac o una ecografia, sono indispensabili per capire lo stato di salute della scuola e della popolazione studentesca. “E' chiaro – chiude Giannelli – che si può lavorare a un piano di recupero ma abbiamo bisogno di capire dove sono le sacche di povertà, già prima della pandemia c'era un forte divario. Ritengo si debba partire da lì perchè la pandemia ha acuito situazioni che già esistevano. Il tema è capire dove sono le povertà e dove vanno affrontate. La situazione molto differenziata a livello geografico e addirittura di singola classe. Ci sono ragazzi che non sono riusciti a collegarsi con la dad in modo efficace. Serve una rilevazione per capire dove le competenze sono carenti”.

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