La sensazione, quando l’udienza al Consiglio di Stato termina, poco dopo mezzogiorno, è che il collegio della Quarta Sezione abbia studiato con attenzione gli incartamenti prodotti dalle parti. Davanti ai giudici amministrativi d’appello arriva il braccio di ferro tra il Comitato Salute e Vita, l’Arpac e la Regione Campania da una parte e le Fonderie Pisano dall’altra. Nel ricorso scritto dall’avvocato Franco Massimo Lanocita si chiede al Consiglio di Stato di ribaltare quanto deciso dal Tar di Salerno che, in via cautelare, ha sospeso la revoca dell’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale, così come decisa dalla Regione, consentendo allo stabilimento di Fratte di rimanere aperto. Per i ricorrenti il diritto d’impresa e le pur sacrosante ragioni dei lavoratori non possono prevalere su diritti ben più consistenti, come quello alla salute, che riguardano migliaia di cittadini, da Salerno alla Valle dell’Irno. In udienza viene sottolineato come le Fonderie non abbiano ottemperato alle prescrizioni di adeguamento degli impianti, come le criticità sollevate dall’Arpac nei fatti non siano state superate e come non ci sia stata adozione delle cosiddette Bat, cioè l’utilizzo delle migliori tecnologie esistenti per migliorare la fabbrica e consentirle di rimanere aperta in area urbana. Di parere opposto, ovviamente, la difesa dei Pisano. Nel merito il Tar deciderà non prima del prossimo 19 dicembre: nel frattempo, se il Consiglio di Stato darà ragione al Comitato, all’Arpac e alla Regione, lo stabilimento di Fratte dovrà chiudere i battenti. In caso contrario, l’opificio potrà rimanere aperto fino all’esame del merito davanti al Tar. Dopodiché, è ragionevole attendersi un nuovo ricorso d’appello.
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