Un bambino nato a Napoli, che frequenta la V elementare, usufruisce di 200 ore in meno di scuola, per mancanza di infrastrutture e tempo pieno, rispetto ad un coetaneo toscano al quale è garantita una formazione per 1226 ore, che coincide di fatto con un anno di scuola persa per il bambino meridionale.
È la fotografia emersa dal rapporto Svimez intitolato “Un paese due scuole”.
Ci sono diversi dati emblematici delle differenze territoriali nel nostro Paese. nel Mezzogiorno il 79% degli alunni (650mila) non beneficia di alcun servizio mensa (200mila solo in Campania, 184mila in Sicilia, 100mila in Puglia). Nel Centro-Nord gli studenti senza mensa sono 700mila (il 46%). Solo il 18% degli alunni del Mezzogiorno accede al tempo pieno a scuola, rispetto al 48% del Centro-Nord.
Tra il 2008 e il 2020 risulta un disinvestimento e la spesa complessiva si è ridotta del 19,5% al Sud. Qui la spesa per studente è di circa 100 euro annui inferiore rispetto al resto del Paese.
“Per contrastare queste dinamiche – sostengono i ricercatori dello Svimez – occorre invertire il trend di spesa e rafforzare le finalità di coesione delle politiche pubbliche nazionali in tema di istruzione. Il PNRR è l’occasione per colmare i divari infrastrutturali, con l’analisi dei fabbisogni di investimento, che andrebbero messi anche in relazione con gli esiti dei percorsi formativi degli alunni e delle alunne”.
Esiti che però sono fra di loro contraddittori: è noto da tempo che nelle regioni del sud la dispersione scolastica è decisamente maggiore rispetto al nord.
Ma questo contrasta in modo significativo con gli esiti degli esami di Stato conclusivi del secondo ciclo e al quale accede ormai più dell’80% della popolazione scolastica: da anni i risultati degli esami sono mediamente più alti al sud rispetto al nord.
Un paradosso che, per la verità, nessun rapporto di ricerca ha mai chiarito del tutto.