È il 30 agosto del 1978. Pagani è un agglomerato di chiese e cemento che segna il confine tra le province di Napoli e Salerno. A pochi minuti da mezzanotte una A112 blu con i fari spenti si ferma all'angolo di via Zito. È un attimo. Due colpi di lupara alla schiena e Tonino si accascia a terra in una pozza di sangue. La corsa all'ospedale serve a poco. Dopo un'ora Tonino, Antonio Esposito Ferraioli, muore. A 27 anni.
Ferraioli, Tonino, era un giovane cuoco che lavorava alla mensa dello stabilimento paganese della FATME, azienda leader nel settore dell'elettronica. In azienda era delegato sindacale. Era al lavoro quando si accorse che la fornitura di carni arrivata nella sua cucina era marcia, avariata. Pensò che il limite era superato: quella "fetenzia" era il risultato di una truffa ai danni della Comunità Europea messa in atto dalla camorra e da alcuni amministratori comunali. Decise di denunciare. Ma non fece in tempo. La notte del 30 agosto del 1978 fu ammazzato da due colpi di lupara alla schiena. Nell'anno di Aldo Moro, come per Peppino Impastato, di Tonino nessuno si accorse.