La scossa che ridisegnò la geografia dell'Irpinia e di buona parte della Basilicata e del salernitano

Terremoto80, il progetto dell’INGV per ricordare il sisma del 23 novembre

Scienza, memoria e testimonianza sono le parole chiave del racconto, 40 anni dopo
Francesca Salemme

Era la sera del 23 novembre di 40 anni fa quando, alle ore 19:34, una scossa di magnitudo 6.9 con epicentro tra le province di Avellino, Salerno e Potenza colpì una vasta area dell'Appennino meridionale con effetti devastanti Irpinia e nelle alte valli dell'Ofanto e del Sele a nord e nelle alte valli del Sabato e del Calore a sud, fino alla montagna salernitana e potentina.

Danni estesi anche in alcune zone della Puglia e in tutta la Campania e la Basilicata.

All'evento principale seguirono numerose altre scosse nelle ore e nei giorni successivi, che arrecarono ulteriori danni ai territori già colpiti. Nonostante i dati sismici all'epoca non fossero numerosi, i sismologi riuscirono a ricavare comunque informazioni preziose sul processo di rottura del terremoto. Per la prima volta si riconobbe la complessità del fenomeno sismico: non fu un unico evento a produrre la rottura della crosta terrestre, dalla profondità di 15 km fino alla superficie, ma almeno tre "sub-eventi" che nell'arco di meno di un minuto ruppero in successione tre segmenti di faglia adiacenti… comincia così la pagina dedicata al 23 novembre

Si intitola Terremoto80 – http://terremoto80.ingv.it/il progetto dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia in collaborazione con l'Università di Salerno, l'Università La Sapienza di Roma e l'Università Federico II di Napoli che ha l'obiettivo di raccontare il sisma dell'Irpinia ispirandosi a tre parole chiave: scienzamemoriatestimonianza.

La scienza viene declinata attraverso la sismologia, la geologia, la geofisica e più in generale tutte le scienze della terra che hanno avuto un grande impulso negli ultimi decenni.

La memoria – risorsa fondamentale per il genere umano – viene esercitata attraverso un lavoro di raccolta, organizzazione e rievocazione di memorie individuali e collettive capaci di renderla disponibile di generazione in generazione.

Da ultimo la testimonianza anzi le testimonianze: per alimentare un progetto così ambizioso è necessario costruire un archivio che non sia statico ma in costante evoluzione. Per questo l'istituto ha scelto la formula dell'open source, ovvero del contributo aperto: chiunque può lasciare esperienze, ricerche, testimonianze dirette e indirette sul 23 novembre del 1980 in formato testo, audio, video e fotografico.

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