Dispari come le rose, pericolosi come le spine

Redazione

Colorati, monocromatici, astratti o realistici, no! Non stiamo parlando dei mazzi di rose (rigorosamente in numero dispari) da regalare all’amata ma di tatuaggi, la vera moda degli ultimi anni. Tutti, o quasi, ne hanno uno o più di uno e si attende anche mesi per avere finalmente l’appuntamento con il tatuatore che ti lascerà sulla pelle la tua indelebile richiesta. Risale all’inizio dell’Ottocento, e al mondo marinaresco a cui appartiene, la consuetudine di farsi tatuaggi in numero dispari. La leggenda narra che il marinaio che partiva per la prima volta si tatuasse nel porto di partenza poi nel porto di destinazione ed infine, la terza volta, per suggellare il rientro sano e salvo a casa e così per i viaggi successivi. Ecco perché esiste questa tradizione che ci arriva da molto lontano e che ci ricorda il vero motivo per cui i lupi di mare si imprimevano per sempre dei ricordi sulla pelle. Il tatuaggio era, quindi, un modo per fermare nel tempo le esperienze vissute: quello della partenza per la nuova avventura, quello del raggiungimento del traguardo prefissato e il terzo tatuaggio per celebrare il ritorno a casa dai propri affetti. Ma se i pericoli del viaggio e del profondo mare sono ormai lontani, ce ne sono di molto seri nel profondo del vostro corpo. I tattoo non restano fermi sulla superficie della pelle, gli elementi che compongono l’inchiostro si staccano e viaggiano all’interno del corpo in forma di micro e nanoparticelle penetrando nei linfonodi. Scienziati tedeschi e dell’Esrf, il Sincrotrone europeo di Grenoble (Francia), hanno fotografato questo “viaggio”. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, apre gli occhi e mette in allarme su possibili rischi non ancora indagati. È la prima volta, sottolineano i ricercatori, che vengono prodotte prove analitiche del trasporto di pigmenti organici e inorganici e di impurità di elementi tossici. Poco si sa sulle potenziali impurità delle miscele di colore applicate alla pelle. Non basta fare attenzione all’igiene e all’utilizzo di aghi sterili monouso ma bisognerebbe controllare la composizione chimica dei colori utilizzati. La maggior parte degli inchiostri da tatuaggio contiene pigmenti organici ma include anche conservanti e contaminanti come nichel, cromo, manganese o cobalto. Insieme al “carbon black”, il nero base, il secondo elemento più comune contenuto negli inchiostri per tatuaggi è il biossido di titanio (TiO2), solitamente usato negli additivi alimentari, negli schermi solari e nelle vernici. La guarigione ritardata, l’elevazione della pelle e il prurito sono spesso reazioni procurate da questo elemento. Gli scienziati dell’Esrf, dell’Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi, della Ludwig-Maximilians University e del Physikalisch-Technische Bundesanstalt sono riusciti a ottenere un’immagine molto chiara sulla posizione del biossido di titanio una volta entrato nel tessuto. «Sapevamo già che i pigmenti viaggiano dai tatuaggi ai linfonodi per via delle prove visive: i linfonodi diventano colorati con il colore del tatuaggio – riferisce Bernhard Hesse, uno dei due primi autori dello studio – È la risposta del corpo per pulire il sito di ingresso del tattoo. Quello che non sapevamo è che migrano in una forma nano, il che implica che non possano avere lo stesso comportamento delle particelle a livello micro. È questo il problema: non sappiamo come reagiscono le nanoparticelle». Le misurazioni con la tecnica della fluorescenza a raggi X hanno permesso al team di individuare il biossido di titanio in versione micro e nano sia nella pelle che nell’ambiente linfatico. È stata rilevata un’ampia gamma di particelle fino a diversi micrometri di dimensioni nella pelle ma solo piccole nanoparticelle trasportate nei linfonodi. Un fenomeno che può portare all’allargamento cronico del linfonodo e a un’esposizione permanente.

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