Non è un mistero che la carta sia nata in Cina nel II secolo D.C. utilizzando cortecce di gelso e fibre di bambù che gli Arabi successivamente sostituirono con le stoffe.
Il segreto della sua fabbricazione arrivò in Europa solo mille anni dopo grazie agli Amalfitani che appresero le tecniche di fabbricazione della carta proprio dagli Arabi con cui intrattenevano intensi rapporti commerciali. Così in breve tempo le numerose cartiere lungo la Valle dei Mulini portarono allo sviluppo di una vera e propria industria cartaria, la cui più antica testimonianza risale al 1231, quando con un decreto Federico II proibiva l’uso della carta per gli atti ufficiali, imponendo l’utilizzo della più duratura pergamena.
I Cinesi, dicevamo, già dal I secolo dopo Cristo, la producevano a partire da canne di bambù, pianta allora a noi sconosciuta. Duemila anni dopo, il Qinlin Science Park ha scoperto un metodo ancora più green e bio compatibile con la nostra vita: nei villaggi di Qinlin fanno oggi la carta con la cacca del Panda.
Vegetariano, appassionato divoratore proprio del bambù, l’orsetto più delizioso del mondo deposita escrementi dai quali, con un procedimento semplice e poco costoso, si ricavano bei fogli di carta di un colore verde chiaro, riposante per gli occhi, su cui scrivere è proprio un piacere. Sembra sia anche resistente allo strappo e dal profumo di the verde, e per una volta ci consente di raccontare una notizia che nulla ha a che fare con supertecnologie e guerre annunciate tra Oriente e Occidente e che ci lascia sperare che forse, appoggiati sulla morbida pancia del Panda, riusciremo finalmente a scrivere sulla sua carta pagine di speranza per l’umanità.